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Tour 1999: SCOZIA
Glasgow - Inveraray - Glen Coe - Skye - Loch Ness - Inverness - Braemar - Aberdeen - Perth - Edimburgo. Km.: 800 (+ 200 trasferimenti treno e bus) -giorni: 10- Periodo: LuglioNOVITA'!: Clicca qui' per vedere la MAPPA
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foto per vedere La Scozia e' una delle poche regioni del nostro continente dove il selvaggio assume dimensioni, per cosi' dire "extraeuropee". Simile per certi versi all' Irlanda, alla quale si avvicina, oltre che geograficamente, anche culturalmente, ne ripropone pero' le caratteristiche su una scala piu' grandiosa, drammatica e, dal punto di vista climatico, se possibile ancor meno benigna... violente burrasche con pioggia, vento, e temperature invernali possono colpire in qualsiasi momento, per cui e' necessario partire con l'equipaggiamento (e lo spirito) adatti. E il tempo inclemente e' solo uno degli inconvenienti. Bisogna anche fare i conti con il traffico: la Scozia dopotutto e' una destinazione turistica, le vie di comunicazione sono poche (per cui un itinerario "alternativo" puo' comportare variazioni di chilometraggio tra i 50 e i 100 km.), e la maggior parte della gente preferisce affrontare i capricci del tempo scozzese al riparo di un abitacolo climatizzato... Last, but not least..., bisogna fare i conti con i moscerini... come sa bene chiunque sia capitato da quelle parti d'estate. Ma procediamo con ordine… Abbiamo iniziato il nostro
viaggio da Glasgow, sotto un sole splendente, ma per dimostrare che in
questa terra e' sempre un problema interpretare in modo giusto gli auspici,
ben presto nuvole cupe appaiono all'orizzonte e con la velocita' di un Boeing
ci raggiungono e ancora prima di raggiungere Loch Lomond, ci troviamo
a pedalare sotto una pioggia gelida e sferzante. Le celebrate rive del Loch
sono nascoste da nuvole basse. Fame e sconforto in ugual misura suggeriscono
una sosta al pub, che si prolunga anche perche' fuori non vuol smettere
di diluviare. Finalmente, sotto un cielo plumbeo, ma per il momento all'
asciutto, lasciamo il Loch Lomond e ci dirigiamo verso Ovest per entrare
nell' Argyll, regione che rappresenta un po' la porta occidentale
delle Highlands, e con i suoi fiordi, le decine di isole, le alture
coperte di boschi, e le distillerie che producono i Whisky dall' intenso
profumo di torba, e' un po' una specie di "concentrato" di
Scozia... In pochi chilometri siamo sulle rive del Loch Long, una
stretta insenatura che a Sud sfocia nel Firth of Clyde e quindi nel mare
aperto. Dalle rive del Loch la strada si addentra nelle Arrochar Alps,
parte di un parco naturale, l' Argyll Forest Park,
e, come si puo' prevedere dai nomi, comincia a salire.
E continua a salire al punto che gli stessi abitanti del luogo hanno chiamato il passo dove finalmente si scollina Rest-and-be-thankful (piu' o meno: riposati e ringrazia il cielo), ma anche altri nomi potevano essere indicati come "Passo del Torcicollo", visto che in cima soffia un vento bestiale e ci si arriva coperti di sudore. Dopo aver saccheggiato il guardaroba per affrontare ben coperti la discesa, ripartiamo e in breve tempo raggiungiamo le rive del Loch Fyne, del quale, mentre il sole finalmente comincia a fare capolino fra le nubi, costeggiamo l’estremita’ orientale per raggiungere, sulla sponda opposta, Inveraray, un minuscolo villaggio dove praticamente tutte le case si affacciano sull’unica via principale, ma che ha un pub eccezionalmente accogliente.
Il giorno seguente la pioggia ci raggiunge dopo neanche cinque chilometri di strada e diventa in breve tempo torrenziale. Per fortuna ci da’ tregua abbastanza presto, poco prima di raggiungere Kilchurn Castle, che sorge in una lussureggiante vallata sulla riva del Loch Awe. Da qui’ seguiamo una strada secondaria lungo Glen Orchy, pittoresca vallata attraversata da un impetuoso torrente, fino a Bridge of Orchy, principale crocevia tra l’Argyll, le Highlands, e la regione montuosa dei Grampians . Qui’ la pioggia ricomincia insistente, percio’ ci rifugiamo nel ristorante che sorge in questo punto strategico, dove il lunch si protrae, ma per fortuna stavolta non solo per ragioni di forza maggiore, ma anche per rendere il dovuto omaggio all’eccellente spezzatino di selvaggina. Cessata finalmente la pioggia, risaliamo in sella e riprendiamo la strada fino a quando, in cima ad una salita (poteva essere diversamente?) incontriamo un cartello che ci da’ il benvenuto nelle Highlands. E (quasi) di colpo, sembra di essere fuori dal mondo… nell’altipiano spazzato dal vento la vista spazia per chilometri all’intorno, e gli unici segni di civilta’ sono il nastro d’asfalto sul quale pedaliamo e le auto che ci sfrecciano accanto (per fortuna la strada e’ piuttosto larga, la civilta’ ha comunque i suoi vantaggi). Di fronte a noi cominciano ad apparire i primi munros, le “montagne” scozzesi (se ho ben capito, un munro si chiama cosi’ se supera i 1000 piedi d’altezza). Queste verdi torri dall’aspetto imponente, nonostante l’altezza non sia esattamente da capogiro, a quanto pare uccidono piu’ alpinisti dell’Himalaya… Una serie particolarmente imponente di cime e' quella che fa' da corona al Glen Coe, uno dei paesaggi piu' straordinari di questa terra che di bellezze naturali e' tutto fuorche' avara. Fermarsi ad ammirare la veduta e' d'obbligo anche perche' una volta ripresa la strada non ci si puo' assolutamente distrarre: la discesa e’ ripida e l'asfalto scivoloso. Almeno non piove...
Il tempo ci da' tregua giusto
quanto basta a raggiungere l'ostello, ed e' gia' molto... poi la pioggia
ricomincia e il giorno seguente spunta sotto un vero diluvio. La speranza che
il tempo che occorre per consumare le abbondanti colazioni che qui' sono la
norma sia sufficiente ad apportare qualche cambiamento e' vana. Resta anche
il tempo di esplorare l'ampia collezione di foto e cimeli alpinistici che
decorano il pub, che dimostrano come Glen Coe non sia solo la culla
dell'alpinismo britannico (ecco una foto del proprietario con il mitico Chris
Bonington), ma anche di quello Hollywoodiano (ecco Clint Eastwood impegnato
in una scena di Assassinio sull'Eiger):
molti film di ambiente alpino sono stati girati qui', dove sui munros, d'inverno, l'illusione
dell'alta quota e' perfetta, anche se le pareti sono alte poche centinaia di
metri. Alla fine pero', quello che
rischia di mancare e' il tempo che ci occorrerebbe per arrivare a
destinazione. Raggiungiamo Fort
Williams con il trasporto pubblico, e ritroviamo le biciclette (che nel
frattempo hanno viaggiato con il furgone) sulla strada che porta a Glen Shiel.
A Fort Williams, quando mezzogiorno e' gia' passato da un pezzo, continua a piovere come prima, e la cima del Ben Nevis, la piu' alta montagna in Gran Bretagna, e' avvolta nella nebbia. Alla fine ci rassegniamo a partire sotto la pioggia, avendo a disposizione ormai solo il pomeriggio. Sotto l'acqua affrontiamo la lunga discesa che percorre il Glen Shiel fino a Shiel Bridge (una delle piu' lunghe in tutte le Highlands: la ripercorreremo in senso opposto -cioe' in salita...- tra due giorni). A Shiel Bridge arriviamo talmente intirizziti da non riuscire neanche piu' a sterzare per affrontare la stretta curva dove la strada spiana per iniziare a costeggiare il Loch Duich (che di fatto e' un braccio di mare). Poco male, perche' tirando dritti possiamo infilarci direttamente nel Tea Room strategicamente posizionato a ridosso della curva. Quando usciamo per rimetterci in strada la pioggia e' finalmente cessata. E' durata, da un rapido calcolo, una ventina di ore senza interruzione. L'ultima sosta prima di arrivare a destinazione la facciamo per ammirare il castello di Eileen Donan, che sorge sulle rive del Loch Duich. L'ora e' avanzata, ma Eileen Donan e' in tutte le cartoline della Scozia... d'altra parte siamo praticamente arrivati: una decina di chilometri (o forse sono miglia, di certo lo sembrano), e all'orizzonte appare la campata dello Skye Bridge, un'imponente (e controversa) parabola di cemento che collega Kyle of Lochalsh all'isola di Skye, l'unica opera dell'uomo da queste parti ad essere abbastanza cospicua da costituire un'intrusione su una scena dove e’ la natura, da secoli, ad allestire incontrastata scenari incomparabili.
Avendo solo un giorno per visitare Skye, la principale delle Ebridi interne, lo dedichiamo ad un tour della penisola di Trotternish, l'estremita' settentrionale protesa verso le Ebridi esterne e il mare del Nord. Come per miracolo (una di quelle sorprese che evidentemente la Scozia riserva a chi dimostra sufficiente cocciutaggine, perseveranza, e, in ultima analisi, passione per questa terra che il clima non ti fa' esattamente amare subito), la giornata trascorre all'insegna del tempo tropicale: sole splendente, vento assente, temperature mediterranee. Il tutto in un percorso dove gli unici punti non panoramici sarebbero le gallerie (se ce ne fossero). Seguendo la strada in senso antiorario da Portree, si ha costantemente sulla destra la vista del mare, e sulla sinistra quella delle montagne che formano l'ossatura centrale della penisola, ripide e scoscese formazioni di roccia basaltica, tra le quali risaltano, per la forma particolarmente spettacolare o riconoscibile, Old Man of Storr, Kilt Rock, e il gruppo dei Quiraing che domina la baia di Staffin. Visto il tipo di posto che Skye e', probabilmente descriverne una parte come "piu' selvaggia" non ha molto senso... Rispetto a Edimburgo, che dista solo un paio di giorni di bicicletta, perfino Kyleakin, il villaggio dove sorge l'ostello principale di Skye (distante dieci minuti a piedi dallo Skye Bridge...), sembra fuori dal mondo. Proprio quando qualcuno cominciava ad avere della Scozia una visione idillica, pero’, la serata tiepida, asciutta e poco ventilata fa uscire allo scoperto migliaia di moscerini scozzesi (avrei potuto dire milioni ma, in effetti, non ce ne sono tanti, o almeno non si vedono: comunque, ne bastano pochi...). Da buoni mediterranei, l'idea che si possa passare una sera cosi' altrimenti che all'aria aperta non ci sfiora neanche. Dopo un quarto d'ora, siamo tutti a prenderci a schiaffi da soli, come lunatici. Il moscerino scozzese (un tipo di mosca molto piccola, dice la guida, ma chi se ne frega se anche fosse una specie di bue muschiato molto piccola...), pizzica in modo abbastanza avvertibile e fastidioso, ma non e' questo il peggio... comunque, non anticipiamo gli eventi...
Il giorno dopo partiamo da Skye per ripercorrere in senso opposto buona parte della tappa di due giorni fa’. Il tempo caldo e sereno del giorno precedente e' gia' un ricordo. Un vento violento porta nubi che scaricano acquazzoni brevi, ma dalla frequenza metronomica. Comunque le montagne che circondano Glen Shiel stavolta sono visibili, e abbiamo tutto il tempo di ammirarne l'imponenza mentre percorriamo la lunga salita che porta al passo oltre il quale si scollina in direzione del Great Glen, la grande vallata che taglia in due le Highlands da ovest a est. Questa volta, invece di ritornare verso Fort Williams, ci dirigiamo nella direzione opposta, quella che porta sulle sponde del Loch Ness. La strada vi giunge attraversando foreste dall’apparenza (almeno quella) incontaminata, costeggiando limpidi torrenti attraversati di tanto in tanto da ponticelli di pietra che sicuramente erano gia’ li’ quando ad essere coperti di ferro erano i cavalieri (e non, come nel nostro caso, le cavalcature…). A condizione di attendersi dal Loch Ness lo stesso tipo di esperienza che accomuna le centinaia di migliaia di visitatori che ogni anno fanno tappa in questo luogo mitico (quella di non vedere il mostro…), il lago piu’ famoso della Scozia non delude. Ne’si puo’ biasimare il mostro se decide di tenersi alla larga, almeno d’estate… l’esito del titanico scontro con la vera, sanguinaria, belva delle Highlands (il moscerino…) sarebbe assolutamente scontato. Come stiamo cominciando ad imparare a nostre spese, l’unico futuro che potrebbe avere un animale che, dopotutto, e’ li’ in giro fin dalla preistoria, dopo un incontro con uno sciame di moscerini scozzesi, sarebbe a Eurodisney (per cui, alla fine, probabilmente il Loch Ness e’ comunque meglio…). Infatti, a soli due giorni dal primo incontro con questo diabolico insetto, ci accorgiamo che a diversi di noi le parti del corpo che restano scoperte, gambe, collo, mani (per fortuna il tempo ci obbliga ad avere praticamente sempre le maniche lunghe), cominciano a coprirsi di macchiette di un colore rosa che col passare del tempo aumenta di intensita’. Si tratta di una reazione allergica che la puntura del moscerino provoca abbastanza di frequente (nel nostro caso a circa la meta’ del gruppo, chi piu’ chi meno, e a me piu’ di tutti, tanto da sembrare uno di quei personaggi a pallini rosa che si vedono nei cartoni animati…). Il Loch Ness, poi, e’ talmente il regno incontrastato del moscerino che all’ostello i cartelli con le misure e le strategie da adottare per la difesa (eroica quanto inutile, nella migliore tradizione scozzese), sono affissi praticamente su ogni porta e su ogni muro.
Il giorno dopo facciamo conoscenza con un’altra creatura mostruosa che infesta il Loch Ness (quanto a orrori, ripeto, non delude…). A chi potesse osservarla dall’alto, magari da un elicottero, apparirebbe come un serpente di dimensioni colossali adagiato lungo i bordi del Loch, fino ad Inverness. E’ il traffico di auto, camper, pullman e autocarri che percorre la A82, di gran lunga la strada piu’ frequentata di tutte le Highlands. Non facciamo in tempo a mettere il naso fuori dall’ostello che siamo inghiottiti dalle sue fauci. Piu’ per avere un momento di tregua che per un vero interesse, ci fermiamo ad ammirare il castello di Urquhart, le cui rovine apparirebbero di certo molto piu’ imponenti se non fosse per la vicinanza dell’enorme parcheggio, sempre pieno all’inverosimile. Il rumore del traffico copre persino il suono delle cornamuse (ed e’ tutto dire) che vengono suonate sui bastioni, evidentemente per creare un’appropriata atmosfera… turistica. Molto piu’ interessante del castello e’ il Glen Urqhuart, che, oltre tutto, offre l’opportunita’ di lasciare la strada principale per una dove il traffico e’ quasi inesistente. Dopo aver percorso qualche chilometro, purtroppo, il cielo, che sembrava aver iniziato la giornata con le migliori intenzioni, decide di regalarci il piu’ violento acquazzone mai visto finora. Tanto violento che in pochi minuti non riusciamo piu’ a capire se stiamo ancora pedalando sulla strada o siamo andati a finire dentro un torrente. Solo quando incontriamo un ristorante ci accorgiamo che, per fortuna, siamo ancora sulla strada. La tendenza della classica doccia scozzese ad arrivare verso l’ora di pranzo e’ l’unica cosa buona che si possa dire di essa. Ormai sappiamo gia’ cosa dobbiamo fare… Questa volta non dobbiamo nemmeno prolungare la sosta piu’ di quanto richiederebbe l’appetito. Riprendiamo la strada per addentrarci nel Glen Affric, un gioiellino di vallata scavata da un ripido e impetuoso torrente, in mezzo alle dense foreste delle Highlands. La strada sale, anch’essa abbastanza ripida, fino a terminare in un anfiteatro di montagne spazzate dal vento, come se avessimo raggiunto il cuore stesso delle Highlands. In realta’ siamo solo ad un paio d’ore di bici dalla trafficatissima periferia sud di Inverness, dove converge tutto il traffico della regione, e dove si trova anche l’ostello che dobbiamo comunque raggiungere prima di cena.
Questo e’ invece il giorno nel quale facciamo (veramente) conoscenza (finora avevamo per cosi’ dire giocato a nascondino…), con l’altra delle due principali componenti del tempo scozzese: il vento. E, per fortuna, anche con quello che da queste parti e’ da secoli il rimedio sovrano alle intemperie piu’ persistenti, il Whisky. Il Whisky, naturalmente, non e’ un posto, ma, anche se si produce Whisky piu’ o meno in tutta la Scozia, nessun posto e’ sinonimo di Whisky come lo Speyside, la regione che si incontra lasciando Inverness in direzione est, prima di addentrarsi nelle montagne dei Grampians. Un po’ come se una sosta in una (o due, tre…) delle distillerie che sorgono nelle vallate che qui’ si alternano a dolci colline fosse un passo indispensabile prima di affrontare le aspre alture spazzate da un vento feroce dove la vegetazione si fa’ piu’ rada e solo la pendenza stessa del terreno offre occasionalmente un riparo. La tappa di oggi e’ caratterizzata dai ripidi saliscendi della Lecht Road, di cui almeno tre veri e propri Gran Premi della Montagna… I dubbi che a qualcuno potevano essere rimasti sul fatto che quello di oggi e’ il tappone dolomitico del viaggio, vengono definitivamente dissipati quando, in cima alla piu’ lunga e dura delle salite del giorno appaiono… impianti di risalita e un paio di Gatti delle Nevi in parcheggio estivo. Il Lecht e’ uno dei principali comprensori sciistici della Scozia (e in Gran Bretagna fuori dalla Scozia non si scia gran che’…). In realtà queste alture superano di rado i 1000 metri di altezza, ma offrono ugualmente spettacolari vedute dove lo sguardo spazia per chilometri all’intorno su colline coperte di erica e fitte foreste di conifere. Un’ultima vertiginosa discesa conduce nell’ampia e ombreggiata vallata del Deeside, risalendo la quale raggiungiamo Braemer, la nostra destinazione.
La cittadina di Braemer rappresenta il centro turistico di questa regione dal fascino tanto esclusivo da essere stata prescelta, fin dai tempi della regina Vittoria, come luogo di villeggiatura della casa reale inglese. Dopo gli Hannover, i Windsor sono ancora oggi tra i pochissimi privilegiati che possono sottrarsi al soggiorno praticamente obbligato a Braemer, visto che la celebre dimora di Balmoral sorge pochi chilometri fuori dal paese, e a poche decine di metri dal ponte dove la strada attraversa il fiume Dee (il termine Deeside si riferisce alla regione attraversata dal Dee, cosi’ come lo Speyside e’ la regione attraversata dallo Spey). La strada in questione, che corrisponde in gran parte al nostro itinerario per questa giornata, costeggia il fiume Dee fino ad Aberdeen (e quindi al mare), il che’ spiega come, pur attraversando la principale catena montuosa della Scozia, i Grampian, sia praticamente tutta pianeggiante (per fortuna, perche’ i chilometri da percorrere sono comunque una novantina). La giornata inizia all’insegna del sole splendente. Anche se ovviamente non lo sappiamo ancora, la pioggia ha deciso di lasciarci in pace per il resto del viaggio. Assistiamo finalmente al fenomeno dell’instaurarsi dell’anticiclone in modo stabile (anche se comunque di breve durata). La tappa di oggi quindi prende ben presto il tono di un’idillica scampagnata; la valle del Dee, riparata dal vento (che comunque oggi soffia in nostro favore, visto che ci dirigiamo verso est), ci regala temperature da primavera inoltrata, e, praticamente per la prima volta da quando siamo qui’, possiamo pedalare in tenuta “estiva”. Non dobbiamo neanche preoccuparci dei moscerini, che sono un fenomeno esclusivo delle Highlands, e qui’ sulla costa orientale non esistono. A parte Glasgow ed Edimburgo, punti di partenza e di arrivo del tour, Aberdeen e’ l’unica vera citta’ lungo tutto il percorso. In generale, vista la lunghezza delle tappe, per visitare i luoghi dove pernottiamo ci resta solo la sera, quando e’ gia’ molto se nelle gambe ci rimane la forza per trascinarci fino al pub piu’ vicino. Capitando ad Aberdeen di sabato sera, notiamo che non siamo gli unici ad avere problemi a reggersi sulle gambe. Ci sembra curioso che tutti abbiano scelto questo giorno per farsi una novantina di chilometri in bici.
Il giorno seguente, partiamo da Aberdeen con il sole, ma anche con un violento vento contrario. Per arrivare fino a Perth, la nostra destinazione di oggi, ci sono oltre cento chilometri. La prima parte della tappa segue la costa, ed essendo per lo piu’ pianeggiante, offre scarso riparo. Ci fermiamo a visitare le spettacolari rovine del castello di Dunnottar, a picco sul mare. Quest’ultima parte di Scozia che ci resta da percorrere non e’ piu’ quella selvaggia e desolata delle Highlands. Il paesaggio che attraversiamo mostra in maniera crescente la presenza dell’uomo. Lungo la strada si incontrano con sempre maggiore frequenza centri abitati e campi coltivati. Questa regione e’ l’unica parte della Scozia a nord della strozzatura formata dal Clyde e dal Forth (quindi anche di Glasgow ed Edimburgo), ad avere un vero carattere agricolo, essendo, in particolare, la zona d’origine della razza bovina Angus. In particolare le zone del Mearns e dello Strathmore, lungo la costa, dove e’ possibile visitare ad esempio antichi mulini accuratamente restaurati, come quello di Benholm, e dove tra le colline coltivate a cereali ed erba medica, la strada attraversa una serie di antichi borghi, sedi di fiere e mercati fin dall’epoca medioevale. I saliscendi si fanno piu’ frequenti man mano che ci si avvicina a Perth, che sorge al centro di una serie di ripide colline.
Per un certo periodo della sua
storia Perth fu anche capitale della Scozia, e in effetti il luogo dove e’
costruita costituisce un po’ un crocevia di regioni diverse nelle quali si
trova concentrata tutta la varieta’ dei paesaggi scozzesi. Le Highlands, montagnose
e selvagge, cominciano immediatamente a ovest; a nord si trova la regione
agricola che abbiamo appena attraversato, e ad est la penisola del Fife, che delimita la sponda del Firth of Forth opposta a quella dove
sorge la citta’ di Edimburgo. E’ facile concludere che questa cittadina
sarebbe una base ideale per una serie di escursioni tutte ugualmente
interessanti. Sarebbe, cioe’, se per noi questo giorno non fosse anche l’ultimo
del viaggio, con Edimburgo quale destinazione obbligata. Oltre che il piu’
breve, questo e’ probabilmente anche uno degli itinerari meno interessanti
tra quelli possibili partendo da Perth, il che non vuol dire che non abbia
niente da offrire, anzi. La strada attraversa
una catena di colline coperte da fitti boschi, le Ochill Hills, inoltrandosi in una serie di ombreggiati valloni stretti
e sinuosi. Kinross e’ praticamente
l’unico centro abitato degno di nota lungo il percorso. Qui’ la vista si
allarga sulle acque del Loch Leven,
uno specchio d’acqua rinomato a quanto pare per l’abbondanza dei pesci, e,
vista la vicinanza di Edimburgo, molto frequentato da pescatori e non. Il resto del percorso non e’ comunque
esattamente claustrofobico, essendo innanzitutto breve, e aprendosi quindi ben
presto sul Firth of Forth, un po’ la
risposta europea al Golden Gate. Dal sommo della campata del ponte
stradale che lo attraversa lo sguardo arriva lontano, abbracciando la citta’
di Edimburgo, che e’ ormai alle porte, e, naturalmente, il secondo dei due
ponti, quello ferroviario, piu’ o meno contemporaneo della Torre Eiffel,
della quale riproduce infatti, in orizzontale, la struttura metallica (facendone
in piu’ impallidire le dimensioni, coi suoi 2 km. e rotti di lunghezza! ). Ma
il punto dove l’immensa insenatura sfocia nel Mare del Nord rimane comunque invisibile,
da qualche parte ben al di la’ della linea d’orizzonte.
Non dimenticate di visitare l' album delle foto!
NOTA: questo viaggio e' stato organizzato da Panda
Trek, associazione milanese affiliata al WWF. Questa nota vuole
essere innanzitutto un ringraziamento agli amici di Panda Trek ed in
particolare a Elio e Monica, e in secondo luogo una precisazione:
questa pagina non ha fini commerciali anche se il sottoscritto ha collaborato,
in modo del tutto occasionale, all’organizzazione dei viaggi di Panda Trek.
Rispondero' individualmente a titolo strettamente personale e privato a chi
mi chiedera' via e-mail notizie su come contattare Panda Trek. [Home Page]-|-[
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